giovedì 16 luglio 2009

Generazione né né

Generazione "né né".
Ovvero: né lavoro, né studio.
Giovani, tra i 15 e 35 anni che per scelta o perchè costretti non lavorano o non studiano.
La cosa più allarmante è che in Italia un giovane su quattro è in questa condizione. E sono quasi UN MILIONE quelli che per scelta decidono che questa situazione li gratifica.
UN MILIONE?
Ma ci rendiamo conto? Giovani che tra coccole, vizi e agi che la famiglia cerca di dargli si siede sopra una comoda poltrona fatta di tutele a breve termine.
Breve termine perchè sono dell'idea che prima o poi bisognerà pagare il conto. E il conto temo che sarà una lenta e progressiva perdita di competitività nei confronti di molti altri coetanei, meglio formati, ma soprattutto forniti di COMPETENZE date da stage, tirocini e "gavetta" che solo da giovani si può fare. Generalmente sotto i 25 anni le spese sono inferiori, magari si vive ancora in famiglia e ci si può permettere di investire su se stessi guadagnando relativamente, ma con la possibilità di acquisire competenze e capacità che solo sul campo si possono reperire.
Quello moderno è e sarà sempre più un modo del lavoro globalizzato: aziende in Italia che cercano ingegneri, commerciali, ecc... non guarderanno più solo nel suolo Italico, ma sono e saranno disposte a cercare anche all'estero. E' per questo che dico che temo che se un giovane non cerca di formarsi in modo attivo, rischia di restare tagliato fuori dal mercato del lavoro.
E non basta una laurea, magari un master: sono importanti, è innegabile, ma sono sempre strumenti teorici. Serve essere sul campo, mettere in pratica la teoria, maneggiare gli strumenti!
Di questo passo potremo tornare a fare solo lavori dove la formazione è quasi superflua: ma ci saranno ancora abbasatabza lavori di questo tipo per tutti? E poi, abituati a vizi e agi, i giovani "né né" saranno in grado di adeguarsi? O si attaccheranno ancora una volta a mamma e papà?
Sì perchè è qui il punto: mamma e papà, che avendo dovuto patire e soffrire molto per arrivare ad una agiatezza, cercano di non far passare ai figli una vita di ristrettezze che loro hanno dovuto subire.
E' forse questa eccessiva protezione che spinge i giovani a non avere obiettivi e ambizioni?
Secondo me è una buona motivazione, ma temo ci sia anche dell'altro. La società? E chi è la società se non genitori, padri, madri e adulti?
Il raggiungimento del benessere ha reso indolenti molti giovani italiani: con la prossima generazione dobbiamo aspettarci di perdere di competitività e tornare agli anni cinquanta, dove la fame ha spinto gli italiani a rimboccarsi le maniche e salvarsi dal baratro?
Possibile che se non siamo in emergenza non sappiamo dare il meglio di noi?

1 commento:

  1. Siamo una generazione di figli unici.
    Siamo la serpe allevata in seno.
    Non ci aiutiamo tra di noi e sputiamo su quelle generazioni che per crescerci si sono spaccate la schiena o svendute pezzi di coscienza.
    li giudichiamo e da loro pretendiamo tutto senza dare niente al di fuori di calci per prenderci il posto che da loro vorremmo,ma noi non siamo nessuno,quasi non siamo nemmeno umani,perchè con gli altri mentre viviamo non riusciamo ad esserlo ci comportiamo con la stessa rabbia delle belve.
    Si,forse lavoravano troppo per raccontarci come fare...o forse è solo ora di capire da soli cosa è che sino qui ancora non avevamo capito!

    RispondiElimina