giovedì 20 agosto 2009

Il lavoro esiste?

Mmmmm, oggi sono pieno di dubbi.
Leggo sul Corriere una notizia che palesemente vuole essere provocatoria e palesememnte molto strillata e poco analizzata.
"I 30.000 posti di lavoro che nessuno vuole" ( http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_20/sergio_rizzo_i_30_mila_posti_di_lavoro_che_nessuno_vuole_c6f1ddfe-8d48-11de-ac5b-00144f02aabc.shtml )
A leggere il titolo e gran parte dell'articolo sembrerebbe che la ripresa c'è già, eccome!
I numeri citati parlano di 94mila posti a disposizione creati da piccole imprese e artigianato nei prossimi mesi, di cui quasi un terzo resterà comunque vacante.
Le figure ricercate che non si riescono a trovare sono veramente molte e molto diversificate, quello che però mi lascia un po' perplesso è il caso dei parrucchieri, gelaterie e panificatori, elettricisti e diversi altri dove sembra non si riescano a trovare apprendisti (i dati dicono che nel primo caso quasi il 50% delle ricerche restarà inevaso!).
Qui però un altro dato dovrebbe farci riflettere: nel caso dei parrucchieri a fronte di una richiesta di oltre 3.2o0 dipendenti da avviare al lavoro, nei dodici mesi compresi fra la fine di giugno 2008 e la fine di giugno 2009 il numero dei barbieri e degli estetisti aumentava di 1.696 unità.
Com'è possibile? Ti si offre un lavoro da dipendente, senza costi di gestione e rischio di attività e tu preferisci aprirti un negozio per conto tuo?
Il primo pensiero che mi è venuto è: ma non è che non si trovano tutte quelle figure professionali che (per costo del servizio, possibilità di rimpiazzo, conoscenze della materia minima per operare, ecc...) sono di norma sottopagati? Un garzone di elettiricista che deve lavorare per 8/10 ore al giorno per 800euro al mese, forse preferisce aprirsi la partita iva e lavorare per conto proprio. Con buona pace per chi continua a cercare un apprendista da sfruttare e sottopagare!
Discorso simile sembra possa essere fatto per gelaterie e panifici dove il numero di attività aperte negli utlimi 12 mesi è stato maggiore del numero di addetti ricercati.
L'articolo in questione questo non lo dice, però.
Sarà che penso sempre male, o si vuol far passare tutto il popolo per generazione Né Né? O si vuole cercare di ridipingere una situazione economica italiana disastrosa, riversando le presunte colpe sugli italiani (inetti e senza voglia di lavorare) invece che su Istituzioni e chi ci amministra, Aziende ed Imprenditori senza scrupoli?
Comunque forse una cosa positiva la si può dedurre da questi dati: posti sfrutttati e mal pagati in Italia ci sono. Come "soluzione tampone" è sempre meglio che stare a casa a zero stipendio.
Nei portali, sulla stampa e nei grandi motori di ricerca questi posti non si troveranno mai tutti (è troppo difficile riuscire a scovare queste aziende, ma soprattutto è troopo difficile convincerli farle pubblicare a pagamento, ma anche gratis...).
Per cui resta solo una soluzione: tornare indietro di qualche decennio e suonare a tutti i campanelli degli artigiani.
Si torna fare come una volta.
Almeno in questo momento difficile.

giovedì 13 agosto 2009

Nuovi Geni Cercasi

Sembra di essere tornati a fine anni novanta, quando in California si sfornavano aziende legate ad internet come fossero panini da un fornaio.
Poi la bolla delle dot.com è scoppiata lasciando a terra molti di quelli che l'avevano finanziata e creata.
Era stata sopravvalutata e soprattutto, in un momento di "crisi" generale, sembrava un buon filone su cui investire. Cifre folli, nessun realizzo, ma capitalizzazioni clamorose.
Sono passati dieci anni e il clima sembra essere lo stesso.
Internet è diventato veramente mondiale e ha già cambiato profondamente il modo di comunicare e di vivere: con i social network sei collegato in ogni momento in tempo reale con gli amici di ogni parte del mondo, con twitter in ogni istante sei aggiornato su tutto, così come con i giornali online (si chiameranno ancora giornali?) in ogni momento sei aggiornato in tempo reale. E questa è solo la punta di un iceberg di quelle che sono le potenzialità del web.
Questo lo deve aver pensato anche John Borthwick, tanto che ogni 18 mesi finanzia dalle 40 alle 50 nuove aziende legate al modo della tecnologia legata ai nuvi media.
Come a fine anni novanta il businness non sembra essere legato a prodotti tecnologici, ma alle loro applicazioni. L'idea è che entro breve non si creerà un nuovo Iphone, ma nasceranno nuovi servizi collegati ad esso.
In un recente convegno si è ipotizzato che Twitter potrà generare guadagni fino a 5miliardi di dollari in future applicazioni commerciali e che tra cinque anni potrà superare la capitalizzazione di Facebook. Giusto per la cronanca al momento entrambi non generano utili (!), ciononostante Facebook è valutato seimiliardiemmezzo di dollari!!!!!
Anche il fondatore di Netscape (ricordate?) è alla caccia del nuovo Bill Gates, che, come lui fece anni fa, orientò il suo geno non verso l'hardware (a quell'epoca IBM era incontrastabile), bensì sul sistema operativo, software appunto, creando l'impero che adesso conosciamo.
Dunque: nella West Coast ci stanno apsettando!
Chi ha idee le proponga: il web è piccolo e raggiungere le persone giuste è molto più facile.
E allora perchè non provarci: abbiamo una buona idea? Ci sembra che al web manchi ancora qualcosa per migliorare la nostra vita?
Non dobbiamo aver paura, altrimenti potremmo perdere l'ennesimo treno e restare qui in Italia a sognare il Superenalotto.
Are you ready?

lunedì 10 agosto 2009

Laureati Italiani Pessimisti

Laureati Italiani Pessimisti.
Potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura dell’indagine del Trendence Institute su 196 mila studenti in 750 università europee.
Pessimisti sul loro futuro occupazionale e scontenti della formazione ricevuta in università.
Dal rapporto si evince, infatti, che il 39,4 per cento di loro pensa che i corsi delle facoltà frequentate non sono stati in grado di fornirgli gli skill richiesti dal mercato del lavoro. In Europa la media dei giovani che la pensa così è del 27,2 per cento.
Simili a noi solo gli Spagnoli.
Verrebbe da chiamare i ministri Sacconi e Gelmini per una riforma importante che possa dare maggiore fiducia nel mercato del lavoro e maggiori strumenti per essere competitivi.
Riforme riforme riforme: ogni legislatura porta con se riforme che dovrebbero migliorare le condizioni degli italiani, ma ogni volta sembra che i buoni propositi restino sulla carta.
E allora cosa possiamo fare per guardare con maggiore fiducia verso il futuro?
Penso che innanzitutto bisognerebbe che ognuno di noi investa di più e meglio su se stesso: aggiornamenti, studi, stage che ci permettano di essere più appetibili se non addirittura indispensabili all'azienda.
Essere disposti a cominciare la propria carriera all'Estero, informarsi sul modo che ci circonda, essere multidisciplinari: fare in modo che quando ci si laurea si abbiano già maturato almeno un paio di anni di "gavetta" con stage in aziende. Sicuramente è molto impegnativo, ma credo che sia la base per cercare di essere competitivi.
Mai come adesso la forbice tra l'offerta e la richiesta di lavoro è stata tanto aperta.
Appunto per questo l'ultimo dato che ho preso in esame dall'indagine sopra citata mi risulta molto incoerente: sappiamo che il mercato del lavoro in Italia è in arresto da ormai quasi un anno, senza che nessuno sappia quando potrai mai ripartire.
Bene: nonostante questo ben il 20% degli intervistati non è favorevole ad alcun tipo di spostamento, nemmeno sul territorio nazionale!
Ma come? Si vedono poche prospettive lavorative, però non si è disposti a spostarsi per lavoro?
A confortarmi c'è il 22% disposto a muoversi in Europa e il 41,9% nel Mondo. Se si pensa che siano numero alti sottolinerei che sono molto al di sotto della media europea.
Ricapitolando: i laurati italialiani sembra che si sentano non sufficientemente formati e poco disposti a muoversi per cercare un lavoro adeguato.
Diventeremo un popolo di Call Center sotto casa?

mercoledì 5 agosto 2009

Stipendi

E' di oggi la pubblicazione di uno studio di Bankitalia dove si afferma (a margine di tutti i dati riportati) che al Sud si spende meno che al Nord.
Verrebbe da dire: bella scoperta!
Chiunque del Nord sia andato in vacanza, o abbia soggiornato qualche tempo al sud (o viceversa ovviamente) se ne è reso conto da solo.
Quanto meno questi dati ci danno la possibilità di capire quale sia il divario e le differenze in termini concreti.
Al di la di riportare cifre e discutere se un caffè costa davvero uno due o tre euro, credo che sia più utile soffermarsi sulle polemiche (tutte estive per la verità) che questi dati stanno suscitando.
Posto che credo che le dichiarazioni che stiamo leggendo avranno la stessa durata e intensità di un ghiacciolo mangiato di questi tempi, penso che questo studio produrrà ben pochi effetti tangibili per noi comuni cittadini.
Una riflessione però la farei: quanti non hanno pensato almeno un momento che Calderoli potrebbe anche avere ragione?
Voglio dire: un maresciallo a Palermo e a Milano hanno lo stesso stipendio, nonostante abbiano un costo della vita decisamente diversi. Questo vale anche per insegnanti ed altre cariche statali e parastatali. Cosa che non avviene nelle strutture private: un impiegato di Palermo assunto in una azienda privata non percepisce lo stesso stipendio di uno di Milano.
Vi sembra giusto?
Da una parte se una persona ricopre lo stesso incarico e svolge le stesse mansioni dovrebbe essere pagata per le sue "prestazioni" e quindi gli stipendi dovrebbero essere uguali sia che sia pagato a Palermo che a Milano. Sappiamo però che questo non avviene in tutti i campi e settori.
La mia domanda è questa: al sud l'amministrazione pubblica paga troppo, o le aziende private pagano troppo poco?

lunedì 3 agosto 2009

Grazie

Ho conosciuto un Uomo.
Un Grande Uomo, a dispetto della sua statura.
Un uomo che nato meno di sessantanni fa in una terra senza futuro è dovuto salire al Nord per reinverntarsi una vita.
Cominciare da zero, in una realtà nuova, ostile, difficile.
E quest'uomo ci è riuscito: ci sono voluti sacrifici (duri), dedizione (tanta), fiducia verso un obiettivo lontano, ma giorono dopo giorno sempre più vicino.
Ha aperto ai propri figli strade impensabili, non gli ha fatto mancare nulla, come non ha fatto mancare nulla a sua moglie.
Nel frattempo si è ritagliato soddisfazioni personali invidiabili.
In tutto questo è riuscito a essere un riferimento per la comunità dove viveva, con incarichi e compiti che lo occupavano per giornate intere.
Il suo segreto si può riassumere in tre concetti: crederci, non mollare mai e non stancarsi mai.
Un uomo d'altri tempi.
Un esempio verrebbe da dire.
Sì, un esempio: ma sapremmo imitarlo? Sappiamo tutti che con devozione, voglia, entusiasmo tutti possiamo farcela. Ma siamo disposti a sacrificarci così tanto per un obiettivo lontano? O ci accontentiamo, magari lamentandoci, e sopravviviamo con quel poco che si conquista?
Sì, un esempio.
Quest'uomo è scomparso ieri, ma resterà per sempre un esempio di come le cose si possono fare, se solo lo si vuole.
Grazie Antonio.