lunedì 20 luglio 2009

Si va in vacanza

Tempo di mare e tempo di sole: anche il Panda va in vacanza!


Una decina di giorni che lo aiuteranno a capire un po' di cose, o solamente dieci giorni di relax dove non pensare a nulla.


Vedremo.


Anche se il periodo non è dei migliori (come del resto lo sono stati gli ultimi dodici mesi) si è deciso di staccarsi da tutto e fuggire verso una nuova meta balneare.


Daltronde, se si aspettasse di essere "tranquilli" e economicamente sicuri, la data per le vacanze continuerebbe a slittare inevitabilmente, perchè inevitabilmente ci sarebbero scadenze, pagamenti, priorità che continuerebbero ad allontanare le ferie sempre più lontano.


E allora si rischia un po' (magari nemmeno poi tanto): di natura molto accorto, Panda è sempre pronto a sopportare i peggiori scenari. Così facendo sa cosa si può aspettare nel caso in cui le cose andassero storte.


"Profilo Prudente" recita la sua descrizione bancaria: semplicamente non è uno a cui piace rischiare, ma pianificare e muovendosi in modo piuttosto sicuro.


Alcune volte però bisogna lasciarsi andare: una vita vissuta in modo esclusivamente razionale sarebbe veramente una vita grigia, troppo poco viva e sicuramente poco divertente, per cui ogni tanto si deve mettere da parte estratti conto, previsione e breve termine e paure varie e lasciare che sia il cuore a decidere.


Adesso via!


Ci si risente ai primi di agosto, abbronzati, rilassati e con le idee più chiare sul prossimo futuro.


Lavorativo, ma non solo.


Buona estate a tutti!!!

venerdì 17 luglio 2009

Cambia il modo di Lavorare

Gli strumenti per lavorare aumentano e cambia il nostro modo d lavorare.
Durante la giornata siamo in azienda, poi con il telefonino si risponde ai clienti e da casa ci si collega a internet per aggiornare l'agenda e magari scaricare un po' di posta. E mentre ci si sposta, dal telefonino si naviga per essere sempre aggiornati.
Il lavoro non finiscde mai, e non si finisce mai di lavorare.
La modernità ha portato molti nuovi strumenti per lavorare: ottimi, validi, sembrerebbe indispensabili.
Uno studio ha evidenziato che si sta lavorando sempre di più. Nonostante la recessione: magari quantitativamente si lavora meno, ma a livello di tempo sembra sia diventato importante dimostrare all'azienda piena disponibilità in termini di orario e flessibilità.
Sarà giusto?
E' giusto lasciare che il lavoro "invada" anche gli spazi privati che una persona possiede? Si lavora per vivere o si vive lavorando?
Dimostrare attaccamento all'azienda è importante, ma personalmente ritengo che debba esserci un limite a quella che potebbe essere considerata flessibilità o disponibiltà.
E' vero, la Società sta si sta evolvendo e siamo spettatori di un cambiamento importante. Credo che prima di adesso, dove la "promiscuità" lavoro/vita privata è tornata molto forte, la grossa evoluzione è stata fatta con il cosiddetto "fordismo" dove per la prima volta è stato introdotto il concetto di separazione tra lavoro e vita privata.
"Casa e bottega" si usava dire. Per cui questa tendenza non è altro che un ritorno a stili di vita già in uso per centinaia di anni.
Non si inventa nulla, dunque.
Quello che mi chiedo è: la tecnologia che fornisce nuovi straordinari strumenti, mentre la crisi globale nuovi stili di vita.
Entreremo in un nuovo Medioevo fatto di "lavoro sempre", schiavi di aziende e Pil in crescita, ma convinti di esere ricchi perchè in mano si possiede un bel Blackberry o un IPhone ultimo modello super performanti?

giovedì 16 luglio 2009

Generazione né né

Generazione "né né".
Ovvero: né lavoro, né studio.
Giovani, tra i 15 e 35 anni che per scelta o perchè costretti non lavorano o non studiano.
La cosa più allarmante è che in Italia un giovane su quattro è in questa condizione. E sono quasi UN MILIONE quelli che per scelta decidono che questa situazione li gratifica.
UN MILIONE?
Ma ci rendiamo conto? Giovani che tra coccole, vizi e agi che la famiglia cerca di dargli si siede sopra una comoda poltrona fatta di tutele a breve termine.
Breve termine perchè sono dell'idea che prima o poi bisognerà pagare il conto. E il conto temo che sarà una lenta e progressiva perdita di competitività nei confronti di molti altri coetanei, meglio formati, ma soprattutto forniti di COMPETENZE date da stage, tirocini e "gavetta" che solo da giovani si può fare. Generalmente sotto i 25 anni le spese sono inferiori, magari si vive ancora in famiglia e ci si può permettere di investire su se stessi guadagnando relativamente, ma con la possibilità di acquisire competenze e capacità che solo sul campo si possono reperire.
Quello moderno è e sarà sempre più un modo del lavoro globalizzato: aziende in Italia che cercano ingegneri, commerciali, ecc... non guarderanno più solo nel suolo Italico, ma sono e saranno disposte a cercare anche all'estero. E' per questo che dico che temo che se un giovane non cerca di formarsi in modo attivo, rischia di restare tagliato fuori dal mercato del lavoro.
E non basta una laurea, magari un master: sono importanti, è innegabile, ma sono sempre strumenti teorici. Serve essere sul campo, mettere in pratica la teoria, maneggiare gli strumenti!
Di questo passo potremo tornare a fare solo lavori dove la formazione è quasi superflua: ma ci saranno ancora abbasatabza lavori di questo tipo per tutti? E poi, abituati a vizi e agi, i giovani "né né" saranno in grado di adeguarsi? O si attaccheranno ancora una volta a mamma e papà?
Sì perchè è qui il punto: mamma e papà, che avendo dovuto patire e soffrire molto per arrivare ad una agiatezza, cercano di non far passare ai figli una vita di ristrettezze che loro hanno dovuto subire.
E' forse questa eccessiva protezione che spinge i giovani a non avere obiettivi e ambizioni?
Secondo me è una buona motivazione, ma temo ci sia anche dell'altro. La società? E chi è la società se non genitori, padri, madri e adulti?
Il raggiungimento del benessere ha reso indolenti molti giovani italiani: con la prossima generazione dobbiamo aspettarci di perdere di competitività e tornare agli anni cinquanta, dove la fame ha spinto gli italiani a rimboccarsi le maniche e salvarsi dal baratro?
Possibile che se non siamo in emergenza non sappiamo dare il meglio di noi?

martedì 14 luglio 2009

Lavoro Italia e Crisi

Tempo d'estate e tempo di vacanze.
Ma che vacanze?
Intorno a me vedo e leggo di cassa integrazioni, ripresa tra un anno, debito pubblico in aumento.
Segnali sconfortanti.
Però: tutti al mareeee!!!
Siamo diventati tutti matti, o siamo tornati quel popolo spregiudicato che con le crisi tira fuori il meglio di se?
L'italiano è sempre stato un popolo che ha vissuto in situazione d'emergenza: è con le situazioni limite che da il meglio. Un esempio stupido ma emblematico ne è la propria nazionale di calcio: non ricordo di una, dico una, volta, in cui l'Italia si sia qualificata a una qualsiasi manifestazione in modo netto, senza problemi, senza soffrire. Anche gli ultimi mondiali vinti si è sofferto come al solito, e come al solito i campioni si sono aiutati in un grande esempio di team.
E quindi, nonostante tutti questi segnali di crisi, riprendiamo a spendere, ad arrivare al lastrico tutti i mesi. E tutti i mesi resuscitiamo e ci inventiamo una soluzione diversa che possa durare fino al mese successivo.
Dopo un anno di crisi globale ci siamo convinti che dopotutto questa crisi non è così drammatica: ammortizzatori, sussidi, social card, casse integrazione straordinarie, stanno mantenendo agli italiani uno standard soddisfacente.
Ma se tutto dovesse finire? Se lo Stato ad un certo punto dovesse non avere più le risorse per sussitere i propri cittadini?
Se finiranno gli aiuti, ci arrangeremo come abbiamo sempre fatto?
Italia: popolo di Santi, Inventori e Marinai.
Siamo sicuri che dopo aver perso la predilezione a essere Santi, la leadership nell'inventare nuovi brevetti, agli italiani non restarà che tornare a essere Marinai dovendo migrare verso mete più lungimiranti, che hanno affrontato la crisi in modo attivo e non lasciandola passare aspettando che finisse da se?